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Mindfulness: diario di una mente scimmia. Il mio viaggio nel protocollo MBSR

meditazione

Mindfulness: diario di una mente scimmia. Il mio viaggio nel protocollo MBSR

Day 4 week 4

Pratico dopo colazione. Per tutto il tempo c’è una colonna sonora: “Volta la carta” di De Andrè e mi chiedo anche come si chiami, ho il dubbio che si chiami “Angiolina”. Cerco di dirle con gentilezza “torna dopo” ma lei sta lì. Sento bene gli appoggi e il corpo, il respiro. Sono più morbida nel recuperare la mente che vaga e riportarla al respiro. La giudico meno. So che funziona così. Certo che viaggia però. Pensa al treno che prenderà tra poco, pensa al diario da scrivere che sta diventando sempre più piacevole, pensa alla canzone che non se ne va. Sui suoni mi piace l’idea di saturare lo spazio sonoro di consapevolezza. Penso all’allitterazione delle s. Penso: potrei usare una frase così nel mio romanzo o mi direbbero che ha troppe s? Poi toro al respiro e al piacere dietro agli occhi che si inumidiscono, alla salivazione che aumenta, alla sete. Queste cose mi accomagnano ormai da giorni. Penso al suono e quanto diventa subito storia. È difficile ascoltare e basta, osservare e basta. Ogni cosa è un colpo di tosse, una doccia che si apre, una porta che si chiude, una doccia che finisce, un’ambulanza in lontananza. Penso se sia meglio camminare subito o prima scrivere quello che sto vivendo e poi passare alla camminata. E poi alla fine, quando la voce parla di “campanella” di fine pratica parte il film della campanella della scuola che ti salva dall’interrogazione.

La camminata la affronto pre-cena e pre-cinema. Fila via veloce. Sento le diverse temperature del riscaldamento a pavimento: il legno, la piastrella, la lista di ottone fra una e l’altra, ora caldo, ora freddo. Perdo l’equilibrio, penso alla parola desiderare. De sidera, lontano dalle stelle. Recalcati scrive che i “desiderantes” nel De Bello Gallico di Cesare erano i soldati che aspettavano i compagni che tornavano dalla battaglia senza punti di riferimento in cielo, con uan sorta di mancanza-speranza. Oddio come sono lontana. Torna una canzone, quella dell’esercizio a corpo libero di mia nipote. E com’era già la canzone di stamattina. Ah si De Andrè. Intanto i piedi e le mani rilassate, sì sono rilassate e il respiro è naturale, normale, e il giro lento sulle punte o sui talloni e poi riparto e di nuovo sento tutti gli appoggi e poi suona il timer. È volata.