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Il mio secondo mese a Mumbai: ecco cosa mi sta insegnando l’India

Mumbai

Il mio secondo mese a Mumbai: ecco cosa mi sta insegnando l’India

Dal Blog Bollywood Party, la stampa, 4 febbraio 2014
http://live.lastampa.it/Event/Bollywood_Party/104664330

Sono ormai oltre il mio secondo mese di vita a Mumbai e questo è il mio piccolo bilancio:

– il secondo mese è più difficile del primo
Io non pensavo. Credevo che ci si abituasse e si diventasse più indiani. Questo è vero, ma è vero anche che all’inizio l’entusiasmo per le novità sovrasta tutto avvolgendo in una specie di magia che porta ad assorbire tutto con i sensi spalancati. Nel secondo mese si comincia a vedere meglio la realtà, emergono i problemi, si sentono alcune mancanze di persone o di abitudini o di comodità, si sente l’esigenza di un po’ di silenzio o di solitudine o di una passeggiata in un parco.

– con la stanchezza si impara a convivere ma anche a riposarsi
Mumbai è stancante: il rumore costante, i mezzi sovraffollati, il traffico onnipresente, i clacson che ti fanno sobbalzare sul rikshaw, la mancanza di spazio personale, i marciapiedi impraticabili, gli attraversamenti selvaggi. Il caldo stanca, danzare stanca, rincorrere i divi, scrivere il blog, fare le foto, cercare contatti, parlare inglese hinglish a metà fra hindi e english cercando di capire cosa mi dicono soprattutto al telefono e soprattutto quando è un indirizzo, che qui è tutta un’avventura, cucinare senza acqua potabile, stare attenti a tutto quel che si mangia, stanare topi e altri animali, avere mille occhi. Tutto stanca ma … basta riposarsi. Ho imparato a guardare le pale della ventola sdraiata sul letto nei pomeriggi oltre 35 gradi, ad assistere al tramonto sul mare tutte le sere in cui posso, a prendere del tempo per rigenerarmi.

– non smettere di cercare la bellezza
A volte è evidente, a volte no. Ogni giorno cerco di farmi sorprendere da una cosa bella. Può essere il sorriso di una bambina per strada, il venditore di frutta che mi fa credito fino a domani perché non ha da cambiare, il colore sgargiante di una sari al sole, la dolcezza di una papaia matura, il profumo di una ghirlanda di fiori, un articolo sul giornale, una palma da cocco in mezzo ai grattacieli vista da sotto.

– ricordarsi di ringraziare
Soprattutto ora che so che su 20 milioni di persone che vanno a dormire a Mumbai, 12 milioni sono in slum, molti sono per strada e solo i “ricchi” hanno veri letti, ringrazio per tutto: per la mia pasta coi broccoli con aglio, olio e peperoncino mangiata stasera, per il melone fresco e dissetante della merenda, per avere due piedi sani che mi permettono di danzare, per il fatto di essere qui e di poterlo raccontare ogni giorno. Prima e dopo aver ballato, qui, si fa un saluto alla madre terra. Ecco, quella sensazione lì.

– non ci sono colori o fantasie che non stanno bene insieme
Non mettere insieme righe e quadri, stampa con disegno. Ci hanno insegnato così. Ma non è assolutamente vero. Ogni giorno vedo colori in contrasto stare insieme perfettamente, motivi floreali amalgamarsi perfettamente con i pois. Basta non lasciarli soli. Mi spiego meglio. Basta che qualcosa: un accessorio, un bordino, un risvolto, li richiami. Qui ogni sari, ogni agra choli (top, gonna e dupatta-la stola), ogni kurta (abito) con pantaloni osano e sono splendidi.

– come si mette una stola
L’incubo di ogni cerimonia. Se l’abito è un po’ scollato o le spalle sono troppo nude l’abile venditrice ti propone la stola: una specie di sciarpone che non sai mai come portare. O ti casca. O ti avvolgi dentro tipo caramella ma non sai cosa fare con le braccia, o ti strangola. Qui si chiama dupatta, la stola, ed è fondamentale: di solito richiama il pantalone (vedi punto sopra) ed è utilissima: te la metti sul naso e sulla bocca per filtrare un po’ di particelle sottili e Co2 nel traffico, ti ripari dal sole o dall’aria condizionata, te la metti intorno al collo se c’è vento. All’occorrenza diventa asciugamano, federa, coperta di Linus. Se no la porti con parte centrale davanti e le code dietro per una mise informale o parte centrale su una spalla e coda una davanti e una dietro per un look più elegante.

– le auto viaggiano a sinistra
Tutte le volte che viaggio in un Paese in cui si tiene la sinistra, non ho mai realmente il tempo di impararlo e quindi guardo da entrambe le parti prima di attraversare la strada. Qui dopo due mesi, guardo ormai dalla parte giusta, anche se un occhio dall’altra per evitare il motociclista o il rikshaw indisciplinato, lo butto. Quando sarà ora di tornare sarò ormai del tutto in pericolo.

– il tempo è flessibile
C’è una scena di Big Fish di Tim Burton in cui il protagonista vede la donna della sua vita e il tempo si ferma, il circo si blocca e i pop corn smettono di roteare nell’aria. Poi si riprende e il tempo raddoppia per recuperare quello perso. Qui il tempo fa così: non scorre. Sobbalza, rotola, danza ma non scorre. Alcune cose sono lentissime, i ritardi clamorosi, passano ore senza che succeda nulla e poi tutto parte velocissimo e quasi perfetto.