Top

“LA CUCINA È UNA SCELTA DI VITA: SANA ETICA E SPIRITUALE”

PietroLeemann

“LA CUCINA È UNA SCELTA DI VITA: SANA ETICA E SPIRITUALE”

Su Torinosette, La stampa, 8 giugno 2018

 

La voce calma, i gesti eleganti e una speciale gentilezza nei modi e nel modo di trattare il cibo che diventa nutrimento per il corpo, la mente e l’anima. Pietro Leemann, chef svizzero nato nel 1961 a Locarno, dopo due anni vissuti in Oriente ha aperto il ristorante Joia a Milano, primo vegetariano ad aver ottenuto una stella Michelin, è a Torino sabato in un appuntamento per il Bocuse Off.

 

Quando è diventato vegetariano?

“Vengo dalla cucina tradizionale e per i primi anni sono stato onnivoro anche come cuoco. In Svizzera si sente molto la cultura antroposofica di Rudolf Steiner, che prevede la possibilità per l’uomo di avvicinarsi all’invisibile. Ho sempre amato molto gli animali e la natura; intorno ai 22 anni mi sono accorto che l’aspetto etico, morale e ambientale della cucina non era preso abbastanza in considerazione. Il cibo è importante e ho capito che mangiavo in rapporto a come diventavo. Da lì la ricerca si è allargata”.

 

Siamo quello che mangiamo: per questo è importante mangiare bene?

“La mia cucina è pensata come trasformazione. Noi siamo ciò che mangiamo e diventiamo ciò che ingeriamo. Quindi il cibo è uno strumento di trasformazione, solo apparentemente casuale o legato alle abitudini”.

 

Cosa ha imparato dall’Oriente?

“Sono da sempre appassionato di filosofia e religione e mi sono formato nel mondo cristiano. In Cina ho conosciuto il taoismo e il buddhismo, e ho studiato la cucina e la lingua. Dopo essermi formato con Gualtiero Marchesi, in Giappone insegnavo cucina italiana e francese. Qui ho conosciuto la cultura zen e ho capito che le cucine sono espressione della cultura profonda di un Paese. La mia cucina è una forma di zen occidentale per pulizia, bellezza e desiderio di interpretare e far vivere la natura nel piatto”.

 

È entrato in contatto con pratiche spirituali?

“In Oriente ho iniziato attività introspettive come la meditazione e da lì ho focalizzato meglio il mio desiderio profondo e il mio sentire. Sono diventato vegetariano e ho smesso di cucinare come facevo prima. Poi sono andato in India, il Paese che mi ha conquistato più di tutti. Seguo la filosofia indiana del Bhaktivedanta e i principi della medicina ayurvedica e dello yoga anche nella mia cucina, che è equilibrata, salutare e prende una precisa posizione dal punto di vista ambientale: tutto è biologico, tutto coltivato da contadini che conosco, tutto legato alla stagione. La cucina è una scelta di vita sana, etica e spirituale”.

 

Mangiare quindi è una responsabilità?

“Certo. Tutto è causale e mai casuale, anche se non sembra. Ciò che accade è sempre conseguente a qualcosa. Le azioni sono scelte precise. Ciò che facciamo e mangiamo determina cosa siamo. Chi semina vento raccoglie tempesta, dice la Bibbia. Quindi è vero anche che chi semina bene raccoglie buoni frutti. Se mangiamo in modo salutare abbiamo una salute migliore. Se ingeriamo troppi zuccheri o grassi o troppo, ci ammaliamo. Se la terra è coltivata bene, in modo biologico, ci fa bene, altrimenti ci fa male”.

 

Facile da capire ma non da applicare.

“A volte subiamo il cibo. Invece dobbiamo educarci a capire se un piatto ci corrisponde o no. E se non funziona per noi, provare a cambiarlo. La vita è trasformazione continua e questo ci fa paura, anche se è il sale dell’esistenza. Cavalcare la trasformazione è molto stimolante. Dopo tanti anni vissuti in modo scollegato da come volevo essere, oggi ciò che faccio e cucino mi corrisponde, e questo è appagante”.

 

Quanto conta il piacere?

“Siamo fatti per essere in buona salute fisicamente e appagati e felici dal punto di vista emotivo, mentale e spirituale. Se non lo siamo dobbiamo fare di tutto per cercare quello stato dell’essere. Anche il buddhismo insegna a vincere la sofferenza”.

 

La dolcezza nel suo carattere viene dal cibo?

“Le buone abitudini rendono meno spigolosi, più accoglienti e, poco per volta, trasformano a livello profondo di coscienza”.

 

Ma allora perché si incontrano a volte dei vegani o dei seguaci della macrobiotica arrabbiati?

“Un conto è un’ideologia e un conto è fare ciò che sentiamo veramente. Siamo responsabili solo delle nostre scelte. Se educhiamo gli altri diventiamo un partito e ci irrigidiamo.Come dicevo prima, anche in campo alimentare il piacere è importante perché è fonte di felicità, ma l’eccedere è un’altra cosa. Mangiare sano associato alla flagellazione o a un cibo punitivo non fa bene. È importante volerci bene. Stiamo bene quando siamo ben nutriti e con un buon equilibrio psicologico. Se stiamo bene digeriamo i sassi, se no non digeriamo neanche l’acqua. È importante essere morbidi: la mia cucina segue certi parametri ma, se necessario, vado incontro al piacere”.

 

È vero che lei benedice il cibo prima di farlo uscire dalla cucina?

“Il cibo segue una sacralità. In realtà lo purifichiamo recitando dei mantra. È importante l’attenzione che diamo al cibo perché agisce in modo importante a tutti i livelli, anche se non ne siamo consapevoli o non lo vogliamo. Un cibo con certe caratteristiche energetiche ci influenza perché tutto è materiale e insieme trascendente. Esiste un’altra dimensione, non si può fare finta che non sia così. In India c’è la cultura del karma che responsabilizza molto: siamo noi che produciamo il nostro destino con le nostre azioni”.

 

Il nostro destino e quello dell’ambiente?

“Quando ho cominciato, negli Anni Sessanta-Settanta non era così. Oggi è necessario assumersi le responsabilità dal punto di vista etico e ambientale. Siamo tutti informati: sappiamo che mangiare carne e zucchero a chili non va bene. Questa capacità di assumersi la responsabilità del proprio agire sta trasformando la società dall’interno. Non come ideologia ma come ideale di persone che vogliono vivere in un certo modo; la società sta cambiando dal basso in modo capillare. Esiste un cambiamento strutturale della responsabilità a livello scientifico e medico, ma c’è ancora molto da fare: la politica non parla quasi mai di ambiente e salute.”.

 

Come si colloca Torino in questa grande trasformazione?

“Torino è sempre stata una città sensibile ai nuovi stili alimentari. Quando è iniziata la macrobiotica sono nate diverse aziende biologiche proprio a Torino, tutte con nomi evocativi di vicinanza alla natura e di attenzione alla spiritualità. Oggi è lo stesso: io collaboro con il ristorante EDIT e mi sono accorto di quanto la città sia sensibile, moderna e aperta ai piatti vegetariani, anche nelle mense scolastiche. Non mi meraviglia che sia una delle città più vegane d’Italia”.

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI