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Django: un film che vorresti non finisse mai. Divertimento puro

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Django: un film che vorresti non finisse mai. Divertimento puro

Django è un figo. Bello come un dio greco, ma nero. Fisico da paura, abile con le parole e con le pistole, romantico e astuto. Cosa si può volere di più? Un bel film da costruirgli intorno. E che film. Dura due ore e mezza, 165 minuti per l’esattezza, ma non te ne accorgi. Anzi, quando finisce, hai la tentazione di ricominciare da capo e rivederlo tutto.

Django: spettacolo nello spettacolo

Django-Unchained, l’ultimo film di Quentin Tarantino è uno spettacolo continuo. Stupisce, seduce, diverte, commuove, fa sognare. Tarantino gioca col tempo. A volte si contrae, quando spari ravvicinati trasformano una stanza o un campo di cotone in un quadro di Pollock in cui l’unico protagonista è il rosso; a volte si dilata fino ad abbracciare silenzi intorno a uno sguardo eterno, così lungo che, in confronto, i film di Leone sembrano veloci.

Anche negli altri film Tarantino giocava col tempo ma in un senso diverso. Rispetto a Pulp Fiction o Bastardi senza gloria in cui la trama era sfilacciata in un continuo salto avanti e indietro come facendo fast-forward e rewind in modo schizoide, qui la vicenda è lineare. Una classica fiaba in cui l’eroe va a riconquistare la sua bella ambientata negli Stati Uniti del Sud prima della guerra civile.

Django è uno schiavo che ha appena conquistato la libertà, grazie a un cacciatore di taglie-aiutante con cui si mette in affari e ha una serie infinita di nemici. Il tutto mescolato con sete di vendetta, astuzia e soprattutto senso della performance che tutti i personaggi sanno mettere in campo in ogni situazione. Per gioco, per sfida, per divertimento.

Attori bravissimi (Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo Di Caprio, Samuel. L. Jackson, Kerry Washington), musica originale e coinvolgente, fotografie meravigliose ma soprattutto un senso dello spettacolo che non perde mai di vista il suo obiettivo: farci divertire con humor e ironia. Emozionare.

Il registro è sempre imprevedibile e ironico. La violenza è sempre tanta ma sempre corrosiva, irriverente e dissuasiva. Dal sangue al sorriso. Dal sorriso alla testa di cavallo o di cow-boy che salta. Con un continuo spostarsi di livelli e registri. Spesso è quel suo talento di riempire di nulla che conquista. Meravigliosa la scena della discussione sulle maschere-cappuccio che non lasciano vedere bene e se si debbano tenere o meno fin dall’inizio della battaglia. Un esempio di come il tempo si possa sospendere in una pausa e la tensione sciogliersi in sorriso.

Django: mille film in uno

I cinefili sono appagati: possono perdersi in un mare di citazioni cinematografiche, da quelle più colte a quelle più popolari (Spartacus di Kubrick, Taxi Driver di Scorsese, Frankenstein Junior di Mel Brooks, Via col vento, gli stessi film di Tarantino, moltissimi western fra cui il Mucchio selvaggio di Peckimpah, Django di Corbucci). Io ci ho visto persino la celebre battaglia dell’Aleksandr Nevskij di Ejzenstejn…

Ma non solo. Anche le citazioni musicali, le favole,  il parallelo con la saga di Siegfrid e di Brunilde (qui Broomilda). E la presenza di Franco Nero, il vero primo Django. E il cameo tarantiniano che firma con la sua presenza esplosiva il film.

Django: mille finali in uno

Un finale. Con dentro un finale. Con dietro una sorpresa. Con dentro una sorpresa. Con finalmente un finale. Le sorprese sono scatole che spacchetti e apri con curiosità e non vorresti finissero mai. Da vedere e rivedere.