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Illusione e realtà, nulla è come sembra: quanta poesia e meraviglia in danza

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Illusione e realtà, nulla è come sembra: quanta poesia e meraviglia in danza

Da La

Foto di Julian Mommert

Ci sono spettacoli che segnano un prima e un dopo. «The Great Tamer» di Dimitris Papaioannou, tutto esaurito per tre sere a Torinodanza, è così. La mente rincorre le emozioni senza riuscire ad afferrarle, sopraffatta.

È tutto depositato nella memoria occidentale, archetipico ma non familiare. È tutto nascosto eppure visibile fra un mondo sotterraneo e una superficie in cui nulla è come sembra. Il tempo è tutto, quindi niente. È quello arcaico e quello del futuro prossimo, è quello del mito che annulla ogni qui e ora, è quello della freccia del paradosso di Zenone che appare in movimento ma è immobile perché in ogni istante occupa solo la sua lunghezza in un tempo di istanti fissi.

Ma la freccia è anche grano. Si pianta e si raccoglie. Tutto è illusione, tutto è tutto ed è solo quel che è. Il tempo è omerico, ma è anche sogno, la magia di cui conosci il trucco ma alla quale continui a credere. È metafora, è un circo in cui addomesticarsi, è sparire e riapparire fra le trappole-buche nel terreno, un tavolato di squame di un rettile gigante pieno di botole. Le immagini si lasciano riconoscere: Cristo morto di Mantegna, la primavera di Botticelli, la lezione di anatomia del dottor Tulp di Rembrandt e l’arte povera di Yannis Kounellis ma anche Murnau, Bergman, Kubrick.

Le scarpe hanno radici, Persefone è costretta a vivere nell’Ade e Narciso si specchia. 2001 Odissea nello spazio è una Deposizione, Strauss compreso.

Il tempo di sparire e riapparire come gocce d’acqua giganti che sfidano la gravità, gorgiere che spuntano all’improvviso per consumare un corpo come entomologi, come archeologi, come anatomopatologi alla ricerca ossessiva del bello perduto. Il regno dei morti è vivo. Quello dei vivi forse no. Tutto può tornare in vita, ogni fine è un inizio, ogni centimetro di pelle da soffiare, venerare, staccare è sacra.

Le pietre, le ossa, tutto è rivelazione e occultamento: niente è come appare, il corpo composto da tanti pezzi di corpi e ognuno ha il suo modo di muoversi e uscire di scena. Un’immaginaria vulva produce continue nascite di membri maschili che si sostituiscono l’una all’altra in un flusso ipnotico, un uomo e una donna rotolano incastrati in una forma tonda, un mappamondo è una sfida a stare in piedi fra mondi immaginari, un ragazzo ingessato da capo e piedi può essere liberato solo rompendo tutto, pezzo a pezzo.

Raccontare è tradire. Dopo 95 minuti resta un’infinita gratitudine e la meraviglia che vibra in ogni cellula perché la poesia è ovunque, basta saperla vedere.