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Alla scoperta della danza classica indiana che racconta la storia delle divinità

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Alla scoperta della danza classica indiana che racconta la storia delle divinità

Saggio a Torino di Sathyapriya Ramana, artista e insegnante tra le più apprezzate nel mondo

Da La Stampa, 3 giugno 2017

«Guru» in sanscrito significa «pesante, venerabile». Secondo etimologie più recenti, la radice «gu» significa oscurità e «ru» luce: guru è chi porta dalle tenebre alla luce. Un maestro, soprattutto spirituale. Di sicuro, incontrando Sathyapriya Ramana si respira luminosità.

Fondatrice e direttrice di «Narthana Saala» a Chennai, in India, è impegnata nella diffusione della danza classica indiana, stile Kuchipudi. È una forma di teatro-danza devozionale che racconta le storie delle divinità: Shiva, signore della danza; Ganesh, dalla testa di elefante; la potente Durga; le vicende amorose di Radha e Krisna. Rapido, aggraziato e tecnico, il Kuchipudi utilizza, oltre a tutto il corpo, i movimenti di occhi e mani, le mudra.

 

PALESTRA MAGENTA

Sathyapriya Ramana è a Torino da due settimane, ospite della danzatrice e allieva Chitrangee Uppamah, che da anni insegna alla palestra Magenta, e dell’associazione Surya Chandra. Dopo un intensa masterclass con le allieve di Chitrangee, domani sera andrà in scena la dimostrazione «Espressioni in danza».

È la seconda volta che l’artista viene a Torino, la prima era stata nel 2002. Le sue lezioni in India sono seguitissime, ma insegna anche negli Stati Uniti e in Europa. Ha al suo attivo più di mille performance nei più importanti festival in India come Mamallapuram a Chidambaram e nel mondo, e le sue coreografie hanno vinto molti premi.

 

LA CARRIERA

Ha cominciato a 8 anni nel gurukulam del maestro dr Vempati. In India, ancora oggi l’insegnamento passa dal maestro agli allievi vivendo insieme, nella stessa casa, in modo da non disperdere energia. Così ha imparato da lei anche Chitrangee Uppamah. In questi giorni di lezioni intensive la guru ha lavorato sui principi di estetica indiana del «Natyasastra», scritto fra il 200 a. C. e il 200 d. C., sui «rasa», le reazioni emotive del pubblico rispetto all’opera d’arte. Queste sono stimolate da nove «bhava», sentimenti, attraverso un processo che richiama alla memoria il vissuto creando una relazione fra emozione, esperienza estetica e religiosa. L’«abhinaya» è proprio l’abilità di esprimere e creare emozioni.

I «rasa» sono fluidi che permettono di cogliere l’esperienza estetica e trasformarsi in noi, come fa la saliva col cibo. Sono 9: amore, divertimento, pathos, rabbia, eroismo, paura, disgusto, sorpresa e pace. Nella performance di domani saranno spiegati e dimostrati.

 

«SOLO DANZA»

C’è una grande differenza tra essere guru in India ed essere maestri in Occidente. «Da noi – spiega Sathyapriya Ramana – si vive insieme per anni. Mangi danza, pensi danza, parli danza. Da voi è diverso. Però – aggiunge – qui le persone sono molto più motivate e interessate quando studiano Kuchipudi perché appartengono a una cultura diversa e si impegnano di più. Le allieve di Chitrangee hanno un’ottima base e il rispetto per il guru, conoscono le storie delle divinità e la tradizione e per me è un piacere». Esistono anche differenze nel corpo, nei movimenti. Per Sathyapriya Ramana si può dire che esiste un corpo indiano e uno occidentale: «In India siamo naturalmente abituati a usare le espressioni in modo più teatrale».

Appuntamento in via Bellardi 116, domani ore 21, ingresso 5 euro