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Lo stupore per le cose che funzionano: gita in Provveditorato

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Lo stupore per le cose che funzionano: gita in Provveditorato

Non è vero che non funziona niente. Non è vero che le cose vanno sempre peggio. Non è così. Ecco una piccola cosa che mi è appena successa.

 

Mai dire mai

Non ho dato gli esami per insegnare all’Università. Mi sono laureata in Lettere, prima che diventasse Scienze dalla Comunicazione. Non avrei mai potuto studiare ancora latino dopo un faticoso classico pieno di versioni pomeridiane e di aoristi e accusativi e terze declinazioni e gerundivi. E così storia del cinema, in cui mi sono laureata, filosofia, musica, arte, esami di comunicazione e gli obbligatori di storia e delle altre aree, anche storia, persino quella del melodramma. No insegnare mai. Voglio scrivere io: giornalismo, pubblicità, poesie, romanzi, qualsiasi cosa ma insegnare no.

 

Cambiare idea

Poi le cose cambiano, la comunicazione va in crisi, continuo a studiare, mi piacerebbe insegnare. Cerco sul sito del MIUR e non capisco nulla. Non so cosa potrei insegnare, forse nulla ma mi piacerebbe molto. Tutte le volte che mi capita di fare laboratori nelle scuole imparo, cresco, mi diverto. Sarebbe bellissimo se esistesse un posto con delle persone che ti ascoltano a cui puoi portare i tuoi esami dati, la tua laurea del vecchio ordinamento e i master e il dottorato chiedere cosa puoi insegnare. Ma c’è? Ora che le intermediazioni sono finite e tutti viaggiamo senza agenzie, cerchiamo case e vendiamo cose con il minor numero di passaggi possibili, dove vado, a chi chiedo?

 

L’aiuto in carne ed ossa. E cuore

Sì. Evviva. Quel posto c’è. Esiste ancora un posto dove andare e parlare con persone competenti e gentili. Sono andata in via Coazze, al Provveditorato di Torino. Pensavo di trovare code e burocrazie. Era tutto solo nella mia testa. Pregiudizio. Perché lamentarsi è più facile che provarci.

Allo sportello mi hanno detto dove andare. Sono arrivata al piano e alla stanza giusta, dove non c’era fila ma due signore accoglienti e sorridenti. Una di loro si è messa lì con tutta la pazienza del mondo. Abbiamo guardato insieme la gazzetta ufficiale, abbiamo cercato di capire cosa posso insegnare guardando i miei esami, mi ha dato consigli, mi ha chiesto cosa facevo ora. Le ho parlato di “Non più, non ancora”, si è segnata il titolo e ha detto che l’avrebbe letto e che era giusto sostenere gli esordienti. Ci siamo fatte gli auguri di Pasqua. Anche l’altra signora sorrideva. E io sono uscita felice. Perché ora so che potrei insegnare storia dell’arte ma anche storia e filosofia, la mia materia preferita di sempre. Magari non insegnerò mai ma quell’accoglienza e quel desiderio di essere utili e incoraggiare ed esserci non lo dimenticherò mai.